obitus

Tutte le fotografie sono dei memento mori. Scattare una fotografia significa partecipare alla mortalità, vulnerabilità e mutevolezza di un’altra persona”. Susan Sontag

 

Fino al XIX secolo la morte era un evento frequente nella vita quotidiana di una famiglia e quindi non poteva essere negata. Quasi sempre la gente moriva in casa ed era compito dei parenti prendersi cura del corpo. Con l’industrializzazione, lo sviluppo delle metropoli e della medicina moderna, il tasso di mortalità è diminuito drasticamente e l’idea stessa della morte è diventata sempre più insostenibile e lontana per la maggior parte delle persone.

Da più di ventanni Alessandro Albert insegue la morte da vicino: affiancando il suo amico medico legale nelle sue sessioni all’obitorio, facendo parlare gli occhi, le bocche, i volti dei morti, creando, con grande delicatezza di sguardo, delle fotografie che fanno del corpo il protagonista assoluto di un lavoro che presenta forti reminiscenze dell’iconologia cristiana e del tema barocco del memento mori. Lontano da qualsiasi esito morboso e macabro, le fotografie in mostra, una piccola parte del lavoro del fotografo, sono un invito a relazionarsi in maniera intima e personale con l'idea di Morte e la sua ineluttabilità.

Nadia Pugliese